Luoghi

Nessuna terra è come questa terra

C’è chi dice che l’occhio divino non conosca miopie. Forse, però, gli sfugge quel momento preciso in cui il regno delle luci stende i suoi confini sull’orizzonte, come panni messi ad asciugare. Lo sanno, gli occhi degli dei, dell’incontro felice tra la notte il giorno? Un cielo scuro, trafitto da stelle verdognole, allungato a baciare l’azzurro del giorno pieno. Più sotto si stiracchia un arancio come la polpa di una pesca matura, ma è il rosa ad affondare le dita nel nero del mare, brillante di luci inghiottite da acque voraci. Non vista, da qualche parte, c’è la terra arida che la sera ha dipinto di un grigio opaco, profumato di foglie agre da assaggiare e di polveri rosse.

Avido di rugiade.

Cardi viola e scarabei coriacei, e tartarughe: scorze di sasso e gola tenera, palpitante e veloce, come le zampe delle lucertole. E poi ancora campi di grano, biondi sotto la luce del sole, e fruscianti di vento che ora sono incanutiti dalla promessa della notte. Una promessa delle più facili da mantenere: basta aspettare. E poi la notte arriva, e anche allora il mare si affaccia, segreto, dalla finestra aperta su una stanza senza tetto di una casa diroccata a pochi passi dalla scogliera intagliata dalla risacca e dalle onde in tempesta. Domani mattina, dopo che il sole sarà sorto alle spalle degli stagni come una sorpresa, gli zoccoli delle pecore applaudiranno di nuovo sull’asfalto. Musi lunghi e lunghe lane. Musi di animale affamato di radici e bocconi d’erbe impolverate. Sono capaci, se vogliono, di fermare ogni cosa, bloccare l’andare del mondo come un tappo.

Bloccherebbero, se volessero, anche il maestrale più furioso che gonfia i polmoni e piega la colonna vertebrale degli alberi, dispensatore di odori lontani e salsedini. Domani il sole di mezzogiorno ingoierà le ombre e chiuderà gli occhi. Ruggirà un fri fri di cicale che non fanno pensare e sudare sudori anarchici. E poi ancora il sole arrossirà di nuovo la linea del mare e si inseguiranno le ombre tra le agavi e dentro le impronte dei gabbiani.

E forse a dirlo sarà un fischione con il suo verso o lo taceranno le bocche chiuse dei fichi d’India : “Nessuna terra è come questa terra”.

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