
Non è questione di calendario, ma di sacro. Sacro è ogni momento in cui il mondo ti mette un dito sotto al mento per alzarti la faccia in alto, a farti vedere quel che c’è.
Succede, a volte.
Quando cammini in un vicolo vuoto e da una finestra esce un acciottolio di piatti e c’è una radio accesa e le voci delle persone si intrecciano a quelle della canzone e tu per un attimo entri dentro quella vita che non è tua.
Quando ti cucini qualcosa di buono, poi ti apparecchi la tavola e finalmente ti siedi.
Quando incolli a una pagina a righe un biglietto aereo, o una foto dai bordi smussati, o una foglia d’acero. Rossa.
Quando accarezzi un animale che dorme.
Quando, in ginocchio sul balcone, cuci con ago e filo la stoffa della tua sedia a sdraio verde e ripassi i punti tante volte, perché siano sicuri, e l’aria è dolce e stare lì è un po’ come pregare.
Quando si fa sera, in quel momento in cui il cielo si fa come di cristallo e tu sei lì a vederlo.
Quando le parole si mettono in fila e scorrono come acqua da un rubinetto aperto.
Quando sei alla finestra e senti per caso un pezzo di conversazione che fa così: “probabilmente mi sto sbagliando”.
Quando una persona che ti vuole bene ti dice: “Guarda, quelle sono le nuvole che ti piacciono”.
Quando hai corso veloce e poi ti fermi e i muscoli delle gambe pulsano come la pancia di una lucertola al sole.
Quando senti una canzone e ti vien voglia di ballare e forse non balli, ma quella melodia continua a suonare in testa ancora un po’.
Quando cambi idea.
Quando è notte e cammini verso casa e passi davanti alla vetrina accesa di una mesticheria e davanti c’è un vecchio fermo a guardare e a un certo punto ti accorgi che sorride e vuoi vedere cosa lo fa sorridere allora rallenti un attimo e vedi che sono sassi dipinti a far finta d’essere gufi, gatti, coccinelle, girasoli.