
All’inizio non sarà facile.
Il mondo – ti hanno detto – non è uno stato d’animo. Il mondo è fatto di cose che si possono toccare, delle quali si possono sentire i contorni con le mani, che è possibile odorare, anche solo per scoprire che per noi non hanno odore (quanti odori, invece, per i frementi nasi screpolati dei cani e per quelli dei gatti, freddi e umidi come le luci al neon negli uffici pubblici); cose da assaggiare, volendo. Ricordi, ad esempio, il sapore del temperino di ferro su cui hai poggiato la lingua un pomeriggio nell’inverno della tua seconda elementare? Era lo stesso sapore che, oggi, trovi nella nebbia fitta che si aggrappa al tuo labbro superiore, quando cammini la notte nella via che costeggia le carceri.
Hai imparato che il mondo non è uno stato d’animo, ma è fatto di gente che ha fame e sete, dice bugie, a volte piange e a volte ride, di bolle immobiliari, di contratti a termine, salite, discese, addii, arrivederci, baci su palpebre addormentate, di mal di denti, di vetri rotti, tronchi recisi, lische di pesce, denti spezzati, unghie tagliate, un braccialetto a piccoli fiori d’argento perso tanti anni fa.
Le parole che compongono i pensieri – credi – sono solo suoni sommati l’uno all’altro che, messe in un certo ordine, creano una frase. Solo mugolii e schiocchi e gorgoglii prodotti dal ritmico contrarsi di lingua, faringe e laringe, tessuti molli come funghi madidi di piogge. Niente hanno a che vedere con le cose vere.
Nessuno si meravigli, se all’inizio sarà così difficile: nessuno ti aveva avvertito che le parole, invece, sono le cose stesse, che quei suoni convenzionali sono la matita che ne traccia il profilo, la mano che ne plasma la forma, congiungendo i palmi, ne disegna gli occhi con la punta sottile del mignolo, che possano anche loro vedere quel che c’è.
Si pronunci una parola, ora, ad esempio “incontrovertibile”, oppure “casella”. Se ne aggiunga un’altra, se si vuole: potrebbe essere “nespola selvatica”, o qualcosa di più complesso, come “vicenda avvincente”.
A questo punto si allunghi un piede e vi si imprima una leggera forza, quella che basta a conquistare il primo gradino. Ci si accorgerà che scricchiola leggermente, come un mazzo di rose secche che conserva ancora un leggero profumo.
Ripetere, se necessario.