
Tutto quel che era stato fino a quel momento – molti lo chiamano anima – gli frullò ancora un attimo dentro al petto: uccello impazzito in cerca di un’uscita. Ecco che la trovò nello stretto tubo della gola e lo risalì svelto perché forse quel buio gli faceva paura.
Con le sue alucce gli carezzò la pelle tenera come una ferita aperta che riveste l’interno delle gote e poi volò fuori passando dalla bocca socchiusa.
Fece ancora due giri intorno a quella testa familiare, per dirle addio, e poi si allontanò in alto, verso l’azzurro troppo carico del cielo.
Prima di sparire in niente.